LAVORO. DAMIANO: “FACILITARE INVESTIMENTI AZIENDE IN PREVENZIONE”

(DIRE) Roma, 6 lug. – “Sono d’accordo con il ministro Orlando: a 13 anni dalla nascita il decreto 81 non è stato ancora pienamente applicato.” Lo dichiara Cesare Damiano, già ministro del Lavoro e consigliere Inail, a proposito dell’audizione al Senato del ministro del Lavoro. “Come ha dichiarato il ministro – continua – non è stata assicurata ‘omogeneità e continuità operativa, di copertura su tutto il territorio nazionale, degli interventi di prevenzione, cui il Testo Unico attribuiva un ruolo fondamentale’. Per quanto ci riguarda è importante ricordare come l’Italia destini ogni anno il 3% del Pil, circa 45 miliardi di euro, per risarcire gli incidenti e le morti sul lavoro, le inabilità temporanee e permanenti e le malattie professionali. Se queste risorse, erogate ex-post, fossero, almeno in parte, erogate ex-ante per fare prevenzione, sarebbe un enorme salto sociale e culturale. Sarebbe, comunque, già un passo avanti spendere tutte le risorse che l’Inail destina ogni anno alle imprese, sotto forma di riduzione dei premi assicurativi, nel caso in cui si facciano investimenti in prevenzione. Purtroppo è ancora insufficiente il numero delle aziende che aderisce e la conseguenza è che si fa meno prevenzione, mentre si predica il contrario. L’Inail ha anche formulato una proposta relativa alla estensione delle sue tutele per i danni derivanti dagli infortuni sul lavoro e dalle malattie professionali, in questo momento all’esame della Commissione Bilancio della Camera. Si tratterebbe di portare l’attuale franchigia del 6% al 4%, venendo incontro alla giusta richiesta di tanti lavoratori vittime di infortuni sul lavoro. Occorre preservare l’integrità psico-fisica di lavoratori e lavoratrici che subiscono comunque menomazioni di rilievo.” “Si tratta di una scelta sociale a costo zero, che non può trovare quindi nessuna obiezione circa la necessità del reperimento di risorse finanziarie. Se l’emendamento che è stato presentato a sostegno della diminuzione della franchigia fosse respinto, il governo smentirebbe se stesso e la volontà espressa dal premier Draghi a proposito di una transizione fortemente caratterizzata dalla coesione sociale”, conclude. (Com/Rai/ Dire)