Lo Stato e Bruxelles facciano la loro parte

L’intervista che ho rilasciato a Zoe Marianelli sul numero del 17 aprile di Left.
 
«Forse adesso inizia ad essere chiaro che può definirsi morto il Liberismo». Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro a cui si deve il Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro (D.Lgs. n. 81/2008), da poco nominato nel Cda di Inail, ne è convinto: la pandemia da Covid 19 imporrà un nuovo modello sociale ed economico. «Non dico che si debba tornare ad una economia centralizzata, non fraintendiamo, ma lo Stato deve tornare ad avere un ruolo sia nell’economia, sia nella gestione della Sanità che non può essere demandata alle Regioni, come ha dimostrato questo tsunami che ci ha travolto». E, alla luce delle tensioni Stato-Regioni nei giorni dell’emergenza pandemica fa autocritica: «La modifica del Titolo V della Costituzione voluta dal centrosinistra fu un errore al quale oggi va posto rimedio». In questa lunga intervista a Left Damiano affronta alcune tra le questioni più urgenti che ora più che mai devono trovare risposte concrete ed immediate: sostegno a lavoratori, famiglie e imprese in tempi brevi, sburocratizzazione; emersione del lavoro nero e un Europa profondamente diversa da come l’abbiamo conosciuta.
 
Damiano, una lunghissima quarantena destinata a non finire da un momento all’altro. Lei come la sta affrontando?
Come tutti: a casa, osservando le raccomandazioni che il Comitato tecnico scientifico ha dato ai cittadini per arginare il contagio ed evitare che partano nuovi focolai. Sto studiando molto e lavorando per la mia associazione Lavoro&Welfare sui dati socio-economici e sugli effetti che la pandemia avrà. Saranno drammatici qui e nel mondo. E l’uscita da questa emergenza non avverrà nell’ora x: sarà, appunto, lunga e graduale.
 
Le pongo la prima questione: l’Europa si sta dimostrando inadeguata rispetto a questa emergenza sanitaria che riguarda tutti gli Stati. Come commenta il primo accordo raggiunto lo scorso 9 aprile, niente Eurobond e Mes senza condizioni nella Sanità?
Prima di arrivare a questo compromesso la strada è stata tortuosa, l’ostilità dimostrata dalla Germania e dall’Olanda per quanto riguarda gli Eurobond non ha fatto bene all’idea di un’Europa come sarebbe necessario. L’accordo all’Eurogruppo non vede né vincitori né vinti, sicuramente non tutte le nostre attese sono andate a buon fine. In ogni caso si tratterà di vedere come si conclude la riunione del Consiglio Europeo che si terrà il prossimo 23 aprile. Mi sento di fare una osservazione: non mi pare né positivo né lungimirante che l’accesso agli strumenti di sostegno abbia un limite temporale, voluto dai Paesi del Nord Europa, che coincide con il tempo dell’emergenza da Covid 19. Mi riferisco al meccanismo Sure di cassaintegrazione Ue perché è evidente che il tempo della ripresa economica e della necessità della tutela dei lavoratori non coincide con quello della pandemia. La valutazione finale, però la faremo dopo la riunione del Consiglio.
 
Il governo con il Decreto Liquidità ha stanziato 400 miliardi che andranno alle imprese, ma il rischio è che quei soldi prima di arrivare ai destinatari restino incagliati nelle maglie della burocrazia. In Svizzera il modulo da compilare è lungo una pagina, da noi la storia è altra.
Il Governo ha avviato in tappa successive un’azione positiva, non era facile orientarsi: sono stati fatti anche degli errori, ma non è questo il tempo di buttare croci addosso. Bene ha fatto a immettere liquidità a sostegno delle imprese, era un provvedimento indispensabile perché l’impatto della pandemia sulla situazione dell’economia nazionale e internazionale sarà pesantissimo, molto superiore alla crisi del 2008. Bisogna agire rapidamente per dare sostegno a tutte le imprese, dalla multinazionale alle partite Iva. Il nostro sistema economico si fonda su alcune grandi imprese e una miriade di piccole e medie e micro imprese ed è con questa composita realtà che bisogna fare i conti: non si possono lasciare da soli i più piccoli e i più fragili e nello stesso tempo si devono tutelare i lavoratori dal punto di vista della salute e del reddito. Sarebbe estremamente negativo se i provvedimenti previsti nei Decreti legge non trovassero esecutività in tempi celeri per inceppi burocratici. Iniziamo, dunque, ad alleggerire e semplificare le procedure.
 
L’emergenza Covid può essere un’occasione per non tornare alla “normalità” cui eravamo abituati, una normalità che era piena di storture, compresa quella di imprese che hanno usufruito di agevolazioni e risorse senza investire in innovazione o in occupazione. Non sarebbe il caso di chiedere garanzie agli imprenditori sui livelli occupazionali?
Spero davvero che non si torni ad un certo tipo di “normalità” che ha impedito a questo Paese di fare passi in avanti. Intanto è bene che ci si prepari al fatto che nulla tornerà come prima, né qui né nel mondo. Siamo di fronte ad una svolta epocale indotta da una pandemia che ha messo tutti noi di fronte alle nostre fragilità e ai nostri limiti. Il 2019 è stato l’anno della mobilitazione mondiale in difesa dell’Ambiente, di cui Greta Thunberg è stata la paladina, che ha coinvolto le nuove generazioni in una battaglia sacrosanta che ci pone di fronte al tema di un nuovo modello di produzione e sfruttamento delle risorse che non sono infinite e anzi stanno finendo. Adesso siamo nel pieno del 2020, anno che sarà ricordato per l’esplosione della più grande emergenza sanitaria a livello globale dopo la Spagnola del 1919-20. Ma da questa crisi si può uscire migliori di come ci si è entrati. Le imprese devono cogliere questo momento per ripartire e per farlo nelle migliori condizioni: innovando, mantenendo gli stessi livelli occupazionali pre-emergenza – questa la metterei addirittura come condizione per avere il sostegno in termini di liquidità deciso dal Governo – e anzi facendo uno sforzo in più per creare nuova occupazione anche attraverso la riconversione di alcuni settori della produzione. In questo senso va nella giusta direzione il divieto di licenziamenti individuali e collettivi deciso dalla ministra Nunzia Catalfo. Questa volta o si naviga tutti nella stessa direzione o si naufraga.
 
Lei nelle scorse settimane ha detto che è morto il Liberismo. Ne è davvero sicuro?
Lo dico e lo ripeto. Aggiungo che molti studiosi stanno teorizzando la fine della globalizzazione senza regole, come si è realizzata fin’ora. Mi auguro che ci sia anche un ripensamento del modello economico perché così non funziona. Le dottrine alle quali abbiamo obbedito, compresa la sinistra che ne è rimasta ipnotizzata, sono superate. Spero che i vincoli di Maastricht non siano sospesi ma superati e riscritti per l’Europa.
Lo Stato deve avere un ruolo nell’economia: non teorizzo il ritorno a uno Stato genericamente imprenditore ma considero vitale il suo ruolo nei settori strategici. Abbiamo bisogno di un cambiamento radicale di rotta anche nell’architettura costituzionale, ad iniziare dal Titolo V della Costituzione che abbiamo voluto come centrosinistra e che è stato un errore. In questi giorni lo abbiamo visto con chiarezza.