LAVORO, “DAMIANO: JOBS ACT IN COMA, ASSURDO DIFENDERLO”

(9Colonne) Roma, 9 gen – “Si sta sviluppando, ancora una volta, un dibattito tutto ideologico sul lavoro. Adesso, al centro della tenzone, ritorna l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. È stato un bene o un male eliminarlo?” Lo dichiara Cesare Damiano, dirigente del Partito Democratico. “A questa domanda – continua – rispondono fazioni contrapposte. Se devo iscrivermi a un gioco a quiz, allora, la mia risposta è semplice: è stato un errore cancellare la ‘reintegra’ per i licenziamenti palesemente illegittimi. Non è stata una scelta né utile né di sinistra. I dati che si ricavano dall’Osservatorio dell’Inps sul precariato ci dicono che i licenziamenti sarebbero diminuiti. Non fermiamoci però a questo solo dato: sarebbe opportuno analizzare le attuali caratteristiche del mercato del lavoro. Dal 2008 a oggi i lavoratori a tempo determinato, che non hanno bisogno di essere licenziati perché sono a scadenza, sono aumentati del 33% passando da 3 a 4 milioni di unità. Questo fa la differenza. Per quanto riguarda il Jobs Act, infine, non vorrei che si difendesse un simulacro, o meglio un totem, termine oggi di moda. Abbiamo rimosso il fatto che la Consulta ha ritenuto incostituzionali le ‘tutele crescenti’ che erano il muro maestro di quel provvedimento? L’automatismo 1 anno di anzianità aziendale/2 anni di risarcimento è stato sepolto e la Corte ha riconsegnato al giudice la facoltà di decidere il risarcimento, fino a un massimo di 36 mensilità. In secondo luogo, è sotto scacco la normativa sui licenziamenti collettivi, all’esame della Coorte Costituzionale e della Corte di giustizia europea: infatti, come avevamo sostenuto a suo tempo, come può stare in piedi una normativa che prevede, nel licenziamento collettivo, la possibilità di reintegra per gli assunti ante-Jobs Act e il semplice risarcimento per quelli post?” “Difendere un Jobs Act in coma è perlomeno assurdo: forse varrebbe la pena approfondire l’argomento e proporre nuove regole, di sinistra, per difendere i lavoratori. O, almeno, regole costruite bene”, conclude. (red)