La nostra Memoria

A settembre dello scorso anno, in occasione dell’ottantesimo anniversario della promulgazione delle leggi razziali italiane, ho avuto modo di ricordare come la voce di Giuseppe Di Vittorio fu una delle poche a levarsi alta e forte contro quell’abominio.
Di Vittorio, esule in Francia, dalle colonne de “La voce degli italiani” scrisse una serie di articoli di fuoco contro quella legislazione che, di punto in bianco, rendeva stranieri gli ebrei italiani, privandoli dei diritti civili: dal diritto allo studio, al lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni, spingendosi, con perversa meticolosità, fino in dettagli deliranti. Si proibiva perfino di pubblicare annunci mortuari in occasione della scomparsa di un ebreo. Il fascismo cancellò gli ebrei italiani ben prima di indirizzarli ai campi di sterminio.
E questo avvenne, perlopiù, nell’indifferenza generale, spesso nella condivisione.
Come ricordano molti sopravvissuti a quella persecuzione, dal giorno dopo la promulgazione di quella che fece dell’Italia uno degli unici tre Paesi in tutto il mondo ad aver adottato, nel XX Secolo, una legislazione apertamente razzista, i loro conoscenti e amici cominciarono a far finta di non vederli. Non ci fu indignazione. Non ci fu rivolta contro tale immoralità.
Il 27 gennaio, Giorno della Memoria, non serve agli ebrei italiani – e alle altre minoranze coinvolte nella persecuzione – per ricordare ciò che hanno subito. Loro lo sanno bene. Il Giorno della Memoria serve a questo Paese per ricordare ciò che ha fatto. Ciò che ha fatto a una parte dei propri cittadini e a sé stesso precipitando nell’abiezione razzista. Non serve per ricordare l’eroismo dei pochi “giusti” che salvarono vite dallo sterminio, ma la codardia di tutti gli altri che si spinsero, non poche volte, fino alla delazione.
Oggi, assistiamo sempre più spesso alla perdita di pudore di alcuni – sempre troppi –  nel manifestare, nuovamente, sentimenti razzisti. Nel Senato della Repubblica, tra quegli stessi banchi in cui siede la senatrice a vita Liliana Segre – sopravvissuta alla sterminio nei lager nazisti – trova posto un uomo che ha condiviso nei social media, pochi giorni fa, un post che si richiamava alla più cinica delle falsità diffamatorie contro gli ebrei: i “Protocolli dei Savi di Sion”. Un falso documentale creato dall’Ochrana, la polizia segreta zarista, con l’intento di diffondere l’antisemitismo nell’Impero russo.
A parte le scuse poco credibili accampate, nelle ore seguenti, di fronte all’indignazione che si è diffusa per quel post, quel che resta è l’avvilente consapevolezza di ciò che può essere condiviso perfino dai parlamentari della Repubblica. Coloro che dovrebbero custodire come il bene più prezioso la Costituzione repubblicana che sancisce nel modo più rigoroso la parità di tutti i cittadini e la proibizione di ogni discriminazione.
In questi tempi oscuri il mostro del razzismo si rialza, sempre più sfacciato e disinvolto. Alziamo la guardia senza cedere alle illusioni: la lotta al razzismo non finisce mai.