Rassegna Stampa

Questo articolo è stato pubblicato, per la prima volta, su Il Corriere dell’Umbria di oggi.
 
“Pensioni, il ricalcolo inguaia pure gli operai”

di Cesare Damiano
 
Tutti avevano il retributivo, se si vuole intervenire su assegni alti meglio il contributo di solidarietà
 
Vorrei fare il punto sul tema delle pensioni per cercare di avere un orientamento su una questione socialmente delicata. Partiamo dall’inizio. Quando, nella scorsa legislatura, alcuni parlamentari Pd della Commissione Lavoro della Camera si erano opposti alla insensata proposta di introduzione del ricalcolo retroattivo dei vitalizi, erano stati facili profeti, ma inascoltati. Purtroppo, a fare da traino, era una proposta di legge di un parlamentare del PD. Avevamo, c’ero anch’io,  fiutato il pericolo che, adesso, si ripresenta puntuale con il Governo gialloverde. Non era difficile immaginare che, una volta aperto il varco al ricalcolo, contributivo o dei coefficienti di trasformazione o dell’età pensionabile, dai vitalizi si sarebbe passati alle pensioni ‘d’oro’, e dalle pensioni ‘d’oro’ c’è il rischio di passare a quelle d’argento e di bronzo. Con la demagogia e il populismo si possono fare seri danni e si creano dei mostri legislativi: da una parte, con una non meglio precisata Quota 100 (l’età di base per accedervi comincia a 64 anni? C’è una penalizzazione? Ecc), l’Esecutivo vorrebbe mandare prima in pensione i lavoratori, utilizzando male un giusto criterio di flessibilita’ inventato dal Governo Prodi, e, dall’altro, si penalizzano coloro che in pensione ci sono gia’ andati in anticipo, rispetto alle regole attuali, utilizzando le leggi del passato. Un assurdo basato su calcoli arbitrari suggeriti dal Presidente dell’Inps, Boeri, che si inventa pure i coefficienti di trasformazione. Facciamo un appello a tutti i pensionati italiani: occorre vigilare affinche’ con illusorie promesse di un miglioramento del sistema pensionistico e di una presunta equita’ non si apra un varco a una nuova spremitura degli assegni previdenziali in essere al fine di fare cassa perche’ mancano i soldi per attuare le promesse del “Patto di Governo”. Noi siamo disponibili a un confronto di merito con le proposte del Governo, perché le soluzioni improvvisate ed estemporanee non ci interessano, e riteniamo che la cosa migliore sarebbe quella di convocare un tavolo di concertazione con le organizzazioni sindacali, perché è sempre bene ascoltare la voce di chi conosce davvero i problemi previdenziali: i sindacati hanno più di 5 milioni di pensionati iscritti e, quindi, conoscono la materia.
Se esaminiamo le posizioni espresse dal Governo in queste settimane, in particolare dagli esponenti del Movimento 5Stelle, emergono numerose contraddizioni, confusione, incompetenza e approssimazione. Iniziamo dalle dichiarazioni di alcuni giorni fa del capogruppo dei 5 Stelle alla Camera, Francesco D’Uva, sulle pensioni: “Vogliamo riaffermare il principio per cui hai diritto a percepire tanto quanto hai versato”. Prendiamo la frase per buona (più avanti spiegherò perché si tratta di una castroneria). Se si tratta, appunto, di un principio, per la sua stessa natura deve essere universale, cioè riguardare tutti per essere giudicato costituzionalmente valido. Forse sfugge ai 5Stelle che, per l’appunto, tutti, sottolineo tutti, coloro che sono andati in pensione con le regole del sistema retributivo, totale o parziale che sia, percepiscono pensioni che valgono di più dei contributi versati. Si tratta di operai, impiegati, quadri, dirigenti, liberi professionisti, giornalisti, magistrati e via elencando: non solo pensionati “d’oro”. Molti sono stati costretti alla pensione a causa dei processi di ristrutturazione delle aziende e hanno utilizzato i prepensionamenti per non essere licenziati e, quindi, per non diventare dei nuovi poveri. Penso agli operai della siderurgia che hanno lunghi periodi di contributi figurativi. Chiederemo loro di restituirli? Essendo palesemente incostituzionale la norma che taglia gli assegni alla sola platea delle “pensioni d’oro”, che cosa dobbiamo aspettarci? Che, dovendo disperatamente far cassa, si toccheranno tutte le pensioni in essere, anche quelle degli operai, soltanto perché liquidate con il sistema retributivo? Non sarebbe più semplice, anziché ascoltare i cattivi consiglieri dell’INPS, seguire la strada già battuta del contributo di solidarietà triennale da applicare alle pensioni superiori alla soglia dei 4.000 euro netti (non lordi, il Governo lo precisi) mensili? Chi ha introdotto il virus del ricalcolo retroattivo su base contributiva delle pensioni in essere, sta facendo passare un principio devastante per il sistema previdenziale e per la tranquillità, che dev’essere garantita una volta per tutte, di 15 milioni di attuali pensionati. Veniamo alle esternazioni di un altro importante esponente dei 5 Stelle, il ministro Di Miaio. Ho letto con stupore, nei giorni scorsi, una sua dichiarazione sempre a proposito del tema ‘pensioni d’oro’. Dice Di Maio: “Non abbiamo alcuna paura dei ricorsi. Perché, al contrario del contributo di solidarietà che è fissato dalla legge in modo secco e uguale per tutti nelle percentuali, e già giudicato incostituzionale, il nostro ricalcolo si basa su un calcolo oggettivo ed un principio: quanto i pensionati dovrebbero prendere di pensione in base ai loro contributi versati”. In questa frase sono contenuti due errori clamorosi: il primo è lo stesso che compie D’Uva, cioè di parlare di ricalcolo dei contributi quando la proposta di legge presentata da lui stesso prevede di intervenire sui coefficienti di trasformazione e, quindi, sull’età di pensionamento. Il secondo errore è la valutazione sul contributo di solidarietà (“già giudicato incostituzionale”). Al contrario, il contributo di solidarietà è già stato applicato e giudicato legittimo. Di Maio si informi. La sentenza della Corte Costituzionale del 2017 ha respinto le varie questioni di costituzionalità. Il prelievo, giudicato legittimo, era così articolato: il 6% sulla quota di assegno oltre un importo lordo pari a 14 volte il trattamento minimo; il 12% oltre le 20 volte il minimo; il 18% oltre le 30 volte. La pensione minima Inps è di poco superiore ai 500 euro. Il contributo, quindi, scattava oltre i 91.000 euro all’anno (500 euro x 14 volte x 13  mensilità). La Corte ha confermato la durata temporanea del prelievo (nel caso del Governo Letta pari a 3 anni, 2014-2016), ne ha escluso la natura tributaria e lo ha legittimato in quanto interno al solo circuito previdenziale. Contributo che è anche servito ad affrontare il tema degli esodati. Consigliamo al Governo di fare un ripasso sugli orientamenti della Corte, prima di fare affermazioni farlocche al solo fine di sostenere le proprie tesi. Nell’autunno in arrivo mi auguro che prevalga il buonsenso e che si ritrovi la rotta smarrita. Pare che la Lega stia manifestando molti dubbi sulle proposte di legge presentate. Per me la via maestra è attestarsi su un punto fondamentale: no a qualsiasi formula di ricalcolo retroattivo (contributivo, dei coefficienti di trasformazione e dell’età pensionabile). Il principio della retroattività è altamente pericoloso. L’alternativa esiste: applicare un contributo di solidarietà, secondo i criteri già validati dalla Corte, e a partire dai 4.000 euro netti mensili.