Articolo 18? Estenderlo a tutti, non cancellarlo

 

Se l’opinione  di Matteo Renzi è quella di rendere liberi i licenziamenti per far crescere l’occupazione,  cancellando l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, si tratta di un’idea vecchia di 10 anni e che non può funzionare. L’occupazione cresce se il Paese si sviluppa in modo robusto: la previsione per il 2014 è addirittura quella di un Pil in leggero incremento con una disoccupazione che passa dall’11 al 12%. Questo dovrebbe far riflettere.  Abbiamo contrastato questa proposta al tempo del Governo Berlusconi e continueremo a farlo. Anche all’epoca di Mario Monti abbiamo combattuto la stessa battaglia giungendo a un compromesso che ha adottato la soluzione “tedesca”: la possibilità, da parte del giudice, di reintegrare o risarcire il lavoratore in caso di licenziamento senza giusta causa. Abbiamo in tempi non sospetti messo in luce la contraddizione esistente nella proposta di Ichino, passato oggi a Scelta Civica, di introdurre per i neo assunti  un contratto a tempo indeterminato con possibilità di licenziamento. La domanda è sempre la stessa: “ Come può definirsi a tempo indeterminato un contratto che non prevede il reintegro nel posto di lavoro?” Basterebbe chiamarlo con il suo nome, cioè contratto a termine. Inoltre, riservare ai giovani questo trattamento, mantenendo giustamente per i lavoratori già assunti la tutela dello Statuto dei Lavoratori, creerebbe quell’apartheid a svantaggio delle giovani generazioni che, soltanto a parole, si vorrebbe combattere. Due mercati del lavoro paralleli consoliderebbero in modo strutturale la differenza che tutti deprecano tra “garantiti e “non garantiti”. Di Renzi abbiamo apprezzato le parole al termine dell’incontro avuto con Landini di qualche giorno fa, quando il segretario del Pd  ha dichiarato che “si tratta di pensare anche ai non garantiti, senza eliminare diritti ma dandoli a chi non li ha”. Speriamo che  non abbia cambiato idea.